DALLA "STRADALTA" ALLA LAGUNA DI MARANO di Guglielmo Donzella
Il suo delicato odore di salsedine, quello che si respira nelle calli ombreggiate e strette tra le case o nei cortili: profumo impregnato di vita, trasportato dai pescherecci ancorati alle banchine, dal pesce venduto al Mercato ittico frutto di fatiche e sudore dei pescatori, dalle reti stese al sole e attraversate dal vento...
Marano e la sua Laguna, piccole grandi perle tra le bellezze culturali e naturali della nostra Regione, dove il tempo segna ritmi uguali e diversi da decenni laddove la custodia delle tradizioni è vissuta dalla comunità con gelosia e giustificato orgoglio.
A questo borgo pittoresco ci si può arrivare via mare o via terra. Ma percorrendo la strada statale, quella che lo collega a Carlino, Muzane e Zan Zorz (dove le "zeta" sostituiscono le "esse" nei dialetti locali), non si può non osservare e leggere il cartello posto sotto quello del toponimo del paese sul quale c'è scritto: "Maran, Comunità di parlata veneta".
È sufficiente, poi, sedersi al primo bar o trattoria o, semplicemente, camminare tra le vie e le piazzette e arrivare al porticciolo per essere, effettivamente, sommersi da voci e conversazioni e comprendere di trovarsi davvero tra una comunità non più "friulana" nel senso stretto del termine, ma nemmeno veneta (come indicato nel cartello). Ci si trova semplicemente a Marano Lagunare, una delle poche "isole" non circondate, per forza, interamente dal mare, ma custode di una identità e carattere del tutto propri.
Tutto questo rende, di Marano, un posto speciale e diverso rispetto agli altri paesi della nostra Regione tale da farci esclamare: "Caspita! ma perché non ci sono mai venuto prima?"…
Ed ecco, quindi, che il colpo di fulmine diventa innamoramento e la curiosità si fa sempre più forte da spingerci a desiderare di conoscerla meglio, là dove intuiamo possano esserci gli angoli e i luoghi più caratteristici da scoprire.
Tra tutte il bellissimo Centro (dove la storia lo riporta al 554 d.C. con un Sinodo di Vescovi con a capo il Metropolita di Aquileia, Severo, in cui si diede avvio allo Scisma dei Tre Capitoli nei confronti del papa di Roma; al Patriarca Popone che, nel 1031, lo cinse di possenti mura; alle alterne cadute nelle mani della Serenissima o in quella dell'Impero austriaco) attraversato dal corso principale in cui si diramano pittoresche calli e sul quale si affaccia la settecentesca Chiesa di San Martino, luogo di culto dell'intera comunità legata al loro Santo: Vito, festeggiato il 15 giugno di ogni anno.
Poco distante, nella Piazza centrale, spicca robusta e massiccia la Torre patriarcale. Nata per scopi liturgici, fu trasformata in carcere prima e in osservatorio della Fortezza in seguito. Sulle sue pareti sono murati stemmi e busti di Provveditori veneti che, insieme a quelli che si trovano negli edifici che circondano la piazza, costituisce una vera e propria antologia di ritratti.
Ci troviamo in una Venezia in miniatura? No… forse… quasi… perché il canale della laguna è lì, a due passi da noi (come quello della Giudecca di fronte Piazza San Marco) con le sue acque dal colore tipico che non è quello del mare, ma che ne riflette l'azzurro del cielo e si unisce, a sua volta, al colore marrone dei fondali, bassi o alti a seconda delle maree o del movimento delle correnti.
E il canto delle sirene già inizia a farsi sentire. Arriva trasportato dalle brezze che ci invitano a rincorrerle, a cercarle tra le valli di pesca, tra le velme e le barene, tra la vegetazione salmastra ancorata ai fondali o, semplicemente, proveniente dalle due Riserve naturali poco distanti: quella di Valle Canal Nuovo e quella delle Foci del Fiume Stella, oasi che appartengono al meraviglioso patrimonio naturalistico della Laguna di Marano, la cui storia si perde nella notte dei tempi quando tantissimi anni fa c'era solo il mare, discretamente profondo, increspato nei gelidi inverni dalla bora, vento forte e freddo proveniente dal Golfo di Trieste.
In questo scenario i fiumi Tagliamento (ad ovest) e Isonzo (ad est) distanti tra loro una cinquantina di chilometri e ricchi di acque dolci, limpide e lente, dalle sorgenti delle Alpi Carniche e Giulie terminavano la loro corsa tuffandosi nel mare Adriatico contribuendo, nel corso del tempo, a trasformare notevolmente l'aspetto geografico che oggi tutti possiamo ammirare.
Nel corso di migliaia di anni l'acqua dei fiumi cominciò a portare grandi quantità di materiali inerti, soprattutto durante la primavera, quando le nevi in montagna si scioglievano gonfiando gli argini.
In autunno, piogge violente ed abbondanti riempivano a dismisura i corsi d'acqua, scaricando in mare milioni di litri d'acqua trascinando alberi, ghiaia, terra e tutto ciò che trovavano sul loro cammino "rosicchiando" al mare una bella fetta di territorio.
Frenati dal continuo moto ondoso del mare e dalle correnti provenienti dal Golfo di Trieste, questi detriti divenuti finissimi hanno creato un lungo cordone di isole sabbiose allineate tra loro e posizionate tra la costa ed il mare aperto.
Alle loro spalle si sono così formati due specchi d'acqua di estrema bellezza ed importanza paesaggistica: le lagune di Marano e di Grado.
Ma a differenza della vicina laguna di Grado, all'interno di quella di Marano sfociano i maggiori fiumi di risorgiva della Bassa Friulana (tra cui lo Stella, il più importante) che immettono acque dolci e a temperature quasi costanti creando, così, un microclima particolare tali da ospitare oasi protette quali la "Valle Canal Novo" e la "Riserva delle Foci dello Stella" e la possibilità di osservare una vasta gamma di specie animali di particolare interesse, appartenenti a tipologie altrove rare o inconsuete.
Molti uccelli migratori scelgono l'area delle Riserve per sostare e alimentarsi durante l'andata o il ritorno dal loro lungo viaggio; altri scelgono la zona per svernare, altri ancora per trascorrervi il periodo estivo e magari riprodursi.
Negli anni più recenti ulteriori e importanti opere di bonifica e canalizzazione hanno modificato ulteriormente l'aspetto di questi luoghi.
La Litoranea Veneta, ad esempio, un canale che, collegando tra loro le città che si affacciavano in laguna, ha facilitato i trasporti interni tra la Serenissima, Caorle, Marano, Trieste fino al delta del Po, sia durante il Patriarcato di Aquileia che nel periodo della Repubblica di Venezia cui le terre appartenevano.
Se la natura, quindi, ha saputo creare un ambiente così bello e suggestivo, l'uomo ha cercato di mantenerne inalterate le caratteristiche con interventi di conservazione, recupero e apportando alcune modifiche che non pregiudicassero l'ecosistema.
Va ricordato, inoltre, che questa regione venne occupata, circa duemila anni fa, dall'esercito romano, esperto nell'arte della guerra e conoscitore profondo di tecniche che sapessero "sfruttare" ogni ambiente in cui si trovava.
Le "Valli" (dal latino Vallum, Argine), ad esempio, testimoniano e rappresentano una delle loro opere più importanti.
Attraverso la chiusura con un basso argine di terra di una porzione di laguna, venivano creati dei bacini d'acqua dove, al loro interno, i pesci allevati potevano essere facilmente pescati.
Il ricambio dell'acqua avveniva attraverso strette aperture di comunicazione azionate dall'uomo (paratie in legno) o naturali abbassando, in alcuni punti, il livello dell'argine così da far entrare l'alta marea.
Questa tecnica garantiva sempre o quasi (solo in caso di fortissime mareggiate o inverni troppo rigidi da ghiacciarne le acque) una produzione costante di pesce, che poteva essere pescato senza l'uso di grosse imbarcazioni e senza i pericoli della pesca in alto mare.
Nella "Valle Canal Novo" venne creata l'area della Riserva, un sito di circa trentacinque ettari frequentato contemporaneamente dalla fauna selvatica e dall'uomo. È una zona nella quale sono stati ricreati e vengono mantenuti diversi tipi di habitat, che favoriscono la presenza di moltissime specie di animali e di vegetali.
Gli osservatori allestiti lungo i sentieri, appositamente progettati e armoniosamente inseriti nel paesaggio, offrono la possibilità di ammirare da vicino alcuni ambienti particolarmente interessanti come i prati umidi, la zona delle velme e quella delle barene, in parte coperte da bassa vegetazione resistente alla salsedine.
I sentieri della Riserva che partono dal Centro Visite sono ideali per una passeggiata nel silenzio e nella tranquillità per osservare le bellezze che qui, grazie alla natura incontaminata e all'amore dell'uomo, vivono in perfetta simbiosi tra loro.
Inserita in questo splendido scenario, poco distante, verso ovest, possiamo ammirare un'altra realtà di elevato livello paesaggistico: la "Riserva Naturale delle Foci dello Stella", oasi di protezione e di rifugio dove sono presenti tutte le specie vegetali e animali in grado di vivere in un habitat con frequenti e notevoli sbalzi di temperatura e di salinità.
All'approssimarsi della sua fine, lo Stella, scorrendo lento e sinuoso tra ali di canna palustre, crea un suggestivo paesaggio con una tortuosa rete di canali che si protrae dolcemente nella laguna.
Nei pressi della sua foce, nel cuore della riserva, si trova un villaggio di casoni, singolari testimoni di una vita passata. Venivano un tempo utilizzati dai pescatori quando le imbarcazioni, le batele, si muovevano a remi, rendendo gli spostamenti lenti e faticosi.
Per consolidare ulteriormente l'importanza della salvaguardia di questa zona, dopo la firma a Ramsar (Iran) il 2 febbraio 1971, in data 1 aprile 1978 essa è stata inclusa, con Decreto del Ministero dell'Agricoltura, nell'elenco delle "Zone Umide di valore internazionale", come habitat degli uccelli acquatici.
Motivo di elevato pregio naturalistico della laguna e in particolare delle Foci dello Stella, è l'eccezionale presenza avifaunistica che ospita tra le canne moltissime specie di uccelli, tra i quali ricorderemo i germani reali, le folaghe, le gallinelle d'acqua, i tuffetti, le alzavole, le rare morette grigie e altri ancora.
Merita inoltre ricordare la presenza di coppie nidificanti di Falco di palude e Airone rosso. Molti vi sostano durante le migrazioni, tanti vi trascorrono l'inverno e altri ancora trovano qui l'habitat ideale per la nidificazione.
Ma ecco che ora il desiderio di tornare in terraferma ci riporta da dove siamo partiti, Marano, che ci riaccoglie, lentamente, giungendo a lei dal mare assaliti dal desiderio di entrare in una delle tante trattorie dove i piatti a base di pesce la fanno da padrone.
E come poter tenere a freno, con nostalgia e rispetto, i nostri ricordi che ci trasportano ai tempi della nostra infanzia, alle immagini di quelle donne in bicicletta che, partendo all'alba e con qualsiasi tempo, arrivavano fin sotto le nostre case, dopo aver percorso chilometri di strade bianche o trafficate, per vendere il pesce ancora fresco nelle cassette di legno.
A loro, ai mariti, alle mogli dei pescatori, figli e nipoti dove, tra le rughe dei loro volti e i calli nelle mani sono custoditi i sacrifici di intere generazioni, va un profondo grazie che parte dai nostri cuori per abbracciare i loro e incrociare, insieme, l'odore intenso del "salso" che vorremmo non finisse mai di profumare Marano e la sua gente, orgogliosamente unita in un profondo senso di comunità e di appartenenza.